Giorgio DE CHIRICO<br/>
<em>Piazza d'Italia</em> (1953) <!-- (recto) --><br />

oil on canvas<br />
50.0 x 40.2 cm<br />
National Gallery of Victoria, Melbourne<br />
Purchased with funds donated by John and Cecily Adams and Dr Peter Chu and Robert Morrow, 2022<br />
2022.854<br />
© Giorgio de Chirico Estate/SIAE, Rome. Licensed by Copyright Agency, Australia
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Piazza d’Italia

Giorgio de Chirco

Piazza d’italia

Giorgio de Chirco

NGV ITALIA

Discover stories of Italian art, design, culture and life in the NGV Collection through dedicated events and resources, and explore two millennia of Italian painting, sculpture, prints and drawings, decorative arts and textiles, brought together for the first time on this site.

Supported by the Italian Australian Foundation

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The enigmatic Giorgio de Chirico said of his work that he was ‘painting that which cannot be seen’. As the founder of the Scuola Metafisica movement in the 1910s, Giorgio de Chirico was working in the realm of dreams, the imagination, and the subconscious before it became the sphere of Surrealist artists. He was subsequently courted by key Surrealists, especially the movement’s leader André Breton, but he valued his independence and rejected their requests to join them. In later years he openly attacked the Surrealists, and they harshly criticised his work. De Chirico was a maverick who resisted being pigeonholed or aligned with later modernist movements.

De Chirico’s training was quite traditional; before the First World War he attended the Academy of Fine Arts in Munich, one of Europe’s most prestigious art schools. When he found his radical and innovative artistic voice, he purposefully retained aspects of his conventional schooling in technique and a love of Old Master paintings and sculpture. Although he is Italian, he was born in Greece and had an affinity with Greek culture, and he used instantly recognisable antique motifs, principally round arches and famous ancient Greek and Roman sculptures as disturbing counterpoints in his modern and mysterious paintings. While some of his juxtapositions of objects appear whimsical, they usually suggest a darker, more disturbing subtext of what occurs in the subconscious. He brilliantly combined the reliable and familiar with the perceived threat of what lurks unseen in shadows or just around the corner, suggestive not so much of the physical world but of the psyche.

Having found such fertile ground, certain imagery recurs throughout his long career. Dark voids, long shadows and receding architecture appear often, providing an ambiguous framework for the viewer to bring their personal experiences and thoughts. Such repetition became a virtue and is intriguingly compelling as only the most subtle change or inclusion of a jarring motif impacted his audience in a different way. He thought of this approach as creating many variants, rather than copies.  Piazza d’Italia, which is dated 1953, reprises imagery he often turned to during his metaphysical period from the early part of the twentieth century. It is a vertical version of a composition he produced in both vertical and horizontal formats. Here, two silhouetted figures stand at the edge of an open space bordered by arched buildings, painted in flat expanses of colour. In the foreground is a rendering of the Classical sculpture Sleeping Ariadne, a motif often used by de Chirico. In the background a train passes from left to right against a blue-green sky that transitions to yellow at the horizon. The painting is recorded in the official catalogue raisonné of de Chirico’s work, no. 671. De Chirico exhibited the work in Japan in 1954, confirmed by a handwritten letter on file with the NGV and on stickers adhered to the stretcher. On the verso of the unlined canvas is an inscription in Italian, translated as ‘This work made by my hand. G de Chirico’.

De Chirico’s influence was far reaching, resonating in surprising areas. His method of repetition stuck a distinct chord for Pop Artists in the 1960s. Andy Warhol greatly admired de Chirico and saw the virtue of the recurring motif. His duplicated Campbell soup cans, multiple but varied portraits, and even images of numerous cows were influenced by de Chirico’s approach. Filmmakers, such as Michelangelo Antonioni, Alfred Hitchcock and Martin Scorsese, found de Chirico inspiring, most clearly seen when their camera slowly lingers over some scenes, or when they use atmospheric deep shadows and plunging perspectives.

De Chirico’s character was as enigmatic as his paintings. It is widely known that he occasionally backdated some works and he notoriously denounced as fakes genuine paintings that were gracing the walls of famous museums. Much as his work challenges reason and certainty, so too did his singular approach to life.

His work features in most major galleries around the world, and his residence in Rome is now a house museum.

Laurie Benson, Curator, International Art, National Gallery of Victoria

L’enigmatico Giorgio de Chirico affermò che lui “dipingeva ciò che non può essere visto”. Fondatore della Scuola Metafisica negli anni Dieci del ‘900, Giorgio de Chirico lavorava nel regno dei sogni, dell’immaginazione e del subconscio prima che questo diventasse la sfera degli artisti surrealisti. Fu in seguito corteggiato da importanti esponenti del Surrealismo, in particolare dal leader del movimento André Breton, ma preferì dare valore alla sua indipendenza e rifiutò la richiesta di unirsi a loro. Negli anni successivi attaccò apertamente i surrealisti, che in risposta, criticarono aspramente il suo lavoro. De Chirico fu un anticonformista che non volle essere etichettato o allineato con i movimenti modernisti successivi.

La formazione di de Chirico fu piuttosto tradizionale: prima della prima guerra mondiale frequentò l’Accademia di Belle Arti di Monaco, una delle scuole d’arte più prestigiose d’Europa. Una volta trovata la sua voce artistica radicale e innovativa, mantenne volutamente gli aspetti della sua formazione tecnica convenzionale e l’amore per i dipinti e le sculture del Grande Maestro. Pur essendo italiano, de Chirico nacque in Grecia e acquistò un’affinità con la cultura greca, utilizzando motivi antichi immediatamente riconoscibili, principalmente archi a tutto sesto e famose sculture greche e romane, come inquietanti contrappunti nei suoi moderni e misteriosi dipinti. Sebbene alcune delle sue giustapposizioni di oggetti appaiano stravaganti, di solito suggeriscono un sottotesto più oscuro e inquietante di ciò che accade nel subconscio. De Chirico fu in grado di combinare brillantemente l’affidabilità e la familiarità con la minaccia percepita di ciò che si nasconde nell’ombra o dietro l’angolo, suggerendo non tanto il mondo fisico quanto la psiche.

Avendo trovato un terreno così fertile, certe immagini riappaiono nel corso della sua lunga carriera. Spazi vuoti, ombre lunghe e architetture in allontanamento appaiono spesso, fornendo un quadro ambiguo in cui lo spettatore può portare le sue esperienze e i suoi pensieri personali. Questa ripetizione divenne una virtù ed è intrigantemente avvincente, dato che anche solo il più sottile cambiamento o l’inclusione di un motivo stridente aveva un impatto diverso sul suo pubblico. Questo approccio è stato concepito per creare molte varianti, piuttosto che copie.  Piazza d’Italia, datata 1953, riprende l’immaginario a cui spesso de Chirico ricorreva durante il periodo metafisico dei primi anni del Novecento. Si tratta di una versione verticale di una composizione da lui realizzata in formato verticale e orizzontale. Qui, due figure stagliate si trovano ai margini di uno spazio aperto delimitato da edifici ad arco, dipinti in piatte distese di colore. In primo piano troviamo una rappresentazione della scultura classica Arianna addormentata, un motivo spesso utilizzato da de Chirico. Sullo sfondo un treno passa da sinistra a destra in un cielo verde-blu che sfuma verso il giallo all’orizzonte. Il dipinto è registrato nel catalogo ufficiale ragionato dell’opera di de Chirico, al n. 671. De Chirico espose l’opera in Giappone nel 1954, come confermato da una lettera manoscritta conservata presso la NGV e dagli adesivi attaccati al telaio. Sul verso della tela sfoderata c’è un’iscrizione in italiano su cui si legge, “Questo quadro è stato dipinto da me. G de Chirico”.

L’influenza di de Chirico è stata di vasta portata, con risonanza in aree sorprendenti. Il suo metodo di ripetizione fece presa sugli artisti pop degli anni Sessanta. Andy Warhol ammirava molto de Chirico e ne riconobbe la virtù del motivo ricorrente. I suoi Campbell soup cans, ritratti multipli ma vari e persino le immagini di numerose mucche furono influenzati dall’approccio di de Chirico. Registi del calibro di Michelangelo Antonioni, Alfred Hitchcock e Martin Scorsese trovarono in de Chirico una fonte di ispirazione, che si manifesta soprattutto quando la macchina da presa indugia lentamente su alcune scene, o quando utilizzano ombre profonde e prospettive immersive.

Il carattere di de Chirico era enigmatico come i suoi dipinti. È noto che occasionalmente retrodatava alcune opere ed è altresì noto che de Chirico abbia denunciato come falsi dipinti autentici che abbellivano le pareti di famosi musei. Così come la sua opera sfida la ragione e la certezza, anche il suo approccio singolare alla vita è stato altrettanto singolare.

Le sue opere sono presenti in gran parte delle principali gallerie d’arte del mondo e la sua residenza a Roma è stata trasformata in una casa museo.

Laurie Benson, Curatrice, Arte internazionale, Galleria Nazionale del Victoria

Giorgio DE CHIRICO
Piazza d'Italia (1953)
oil on canvas
50.0 x 40.2 cm
National Gallery of Victoria, Melbourne
Purchased with funds donated by John and Cecily Adams and Dr Peter Chu and Robert Morrow, 2022
2022.854
© Giorgio de Chirico Estate/SIAE, Rome. Licensed by Copyright Agency, Australia

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